CHIRURGIA CHE PASSIONE: I CINESI E L’OCCIDENTALIZZAZIONE

E’ormai assodato che il settore della chirurgia estetica sta conoscendo un periodo più che florido in Cina: dopo il boom di qualche anno fa, il Paese è passato -in meno di tre lustri- dall’avere domanda di interventi al solo scopo ricostruttivo ad essere il terzo per numero di interventi estetici (preceduto sul podio solo da Stati Uniti e Brasile).

Mentre in occidente tutto stagna, con un fatturato di quasi 50 miliardi di euro e i suoi circa due milioni di interventi annui, la chirurgia della bellezza in oriente è in piena crescita ed in Cina si piazza quarta tra le “spese voluttuarie”, dopo case auto e viaggi di lusso. E pensare che questi sono solo i dati ufficiali: moltissimi infatti gli interventi eseguiti in luoghi non a norma, come ad esempio saloni di bellezza o parrucchieri.

Non c’è da stupirsi che la richiesta sia -per la stragrande maggioranza- quella di interventi “occidentalizzanti”: per i cinesi il canone estetico rimane quello nostrano. Numerosissimi quindi i cinesi facoltosi che ricorrono alla chirurgia per eliminare il fascino esotico degli “occhi a mandorla”, per farsi creare il solco della palpebra superiore, abbassare sopracciglia e angoli esterni degli occhi ed eliminare l’epicanto (quella sorta di collegamento orientalissimo tra palpebra e naso). Molto richieste anche le osteotomie (“fratture” mascellari) che conferiscono al viso una forma più gradevole e caucasica.

Bizzarro agli occhi di un occidentale potrebbe sembrare la “rinoplastica alla cinese”: questa viene effettuata inserendo una piccola gobbetta, molto in voga tra i giovani orientali, in silicone, Medpor o cartilagine autologa.
Oggigiorno la chirurgia estetica ha fatto passi da gigante, soprattutto in Cina: sta ai cinesi scegliere tra “occidentalizzarsi” o mantenere i proprio tratti naturali.